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2009
11
APR

Albero della Vita, Remo RemottiLa tragedia in Abruzzo mi ha indotto al silenzio per parecchi giorni. Tanti pensieri mi sono passati per la testa, ma il dolore l’ha fatta da assoluto padrone. So bene il perché. Nel maggio del 1976 ero militare in Friuli e non ho dimenticato nulla della sofferenza terribile che - mio malgrado – ho condiviso con la nobile, coraggiosa e sfortunata gente di quelle parti. Il terremoto lascia segni indelebili, azzera ogni cosa alla radice, soprattutto il desiderio di chiacchiere. Eppure, dopo le giornate dello strazio, dello stupore, della paura, dell’energia nervosa che rende solidali e iperattivi, la rabbia prende il sopravvento. Giunge il momento nel quale ognuno cerca di farsene una ragione, è normale. C’è chi tira in ballo la volontà di Dio, ma non è il mio caso. Credo fermamente in Lui, ma ho sempre rifiutato l’idea che possa intervenire indirizzando il corso degli eventi che ci riguardano, grandi o piccoli che siano. E c’è chi invece si concentra sulle responsabilità umane, ed è questo il mio caso. Ecco allora che i giri di parole risultano inadatti, irritanti e persino colpevoli. Possibile che in un Paese ad altissimo rischio sismico le case siano costruite senza criterio e senza rigidi controlli? Che i cittadini non siano attrezzati, preparati, allenati all’emergenza? Che non esista una coscienza civile adeguata alla situazione? Lo so, non sono per niente originale, pongo interrogativi rituali, lancio le solite accuse standard, e poi scrollo la testa e polemizzo, come tutti. Ma soprattutto mi convinco che sarò capace di impedire che questo sfracello accada ancora. E intanto sottoscrivo, solidarizzo, mando danaro e vestiti, metto sul piatto tanto, tantissimo cuore. Ma cervello quasi niente. Sono orgogliosamente italiano, ma in questi momenti non mi piaccio, non mi vado giù, non mi sopporto. E voi?

Foto: Remo Remotti, L’albero della vita (1993)

Tags: abruzzo terremoto friuli emergenza aquila

2009
02
APR

giuseppe garibaldiIeri notte ho rivisto su Youtube la partecipazione di Beppe Grillo  alla trasmissione Exit andata in onda su LA 7. In tanti oggi commentano sulla stampa l’avvenimento, ma non per riferire delle cose sacrosante che ha detto. Piuttosto per sottolineare criticamente il fatto che dopo una ventina di minuti di intervento (strepitoso come sempre) Grillo si sia allontanato rifiutando il contraddittorio. E perché mai avrebbe dovuto restare? Per partecipare al solito inutile, irritante teatrino delle chiacchiere, al solito elusivo e insignificante dibattito di rito? Io penso che abbia fatto benissimo. E’ stato ficcante, lucido e soprattutto pragmatico, ossia capace di portare a casa il miglior risultato possibile in quelle condizioni. Non bisognerebbe mai dimenticare che Grillo non è un politico e che non vuole in nessun modo diventarlo. La speciale forza che mette in campo è tutta nel suo talento sovversivo, nella sua vocazione a offrire uno sguardo sghembo e irrisorio sul mondo, nel suo coraggio di deragliare fuori dagli schemi. Beppe Grillo è un parlatore torrenziale che non ammette interruzioni, è un nemico giurato della conversazione, è un monologhista di razza. Non può e non deve tradire il proprio ruolo, quello che il suo pubblico gli chiede e gli riconosce. E un vero comico non tradisce mai il patto con il proprio pubblico. Andrea Emo, grande pensatore misconosciuto, ha scritto: In un vero artista si nota innanzitutto il galantuomo: egli non promette mai più di quello che effettivamente dà. Dunque attenzione al tentativo strisciante e crescente di farlo passare per un provocatore impotente e isolato. Beppe Grillo è non solo un uomo intelligente, colto, informato, che da anni si documenta minuziosamente su tutto ciò che denuncia, ma soprattutto ha un grandissimo seguito, perché dà voce alla rabbia e ai pensieri di tanti che non trovano né le parole adatte né la grinta necessaria per sostenerli. Secondo me.

Tags: beppe grillo youtube exit la7

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